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Abbinamenti d’aroma ben riusciti

Sugli abbinamenti sono stati scritti libri. E altri se ne scriveranno ancora, nell’utopica convinzione di trovare una regola generale. Proponiamo quindi quale riflessione.

L’argomento abbinamenti riveste un’importanza di primo piano nell’ambito della cultura materiale: dalla signora che deve accostare le scarpe alla borsetta, al cuoco che elabora preparazioni gastronomiche, al sommelier che ricerca il giusto matrimonio tra una bevanda e un cibo. Potremmo spingerci oltre, giungendo con un balzo alla nostra tendenza a ricercare ciò che enfatizza il benessere: visitare un luogo insieme a una persona che ci fare stare bene, unire la comodità di una poltrona a un bel film, ascoltare un brano musicale sorseggiando un vino o una grappa speciale.

Tutto ciò è una risposta all’esigenza del nostro cervello di cercare l’enfasi del piacere e alla sua correlata abitudine di percepire la realtà come evento unitario, collocandola nello spazio campionario tridimensionale generato dal carattere, dalla personalità e dall’esperienza.

Nel corso dei secoli si è provato a teorizzare, partendo ovviamente dai canali mediati (vista e udito) e poi, nell’ordine, tatto, gusto, olfatto. In poche parole, il senso estetico ha cominciato da ciò che è più facile, arenandosi poi quando si tratta dei canali cinestesici, soprattutto quando si giunge all’olfatto, al punto che anche i metodi messi a punto dalla sommellerie danno una grande importanza al tatto e al gusto, poca agli odori.

Ed è qui che la teorizzazione molte volte si rivela sbagliata, perché non tiene conto che è il signor naso ad avere l’ultima parola. Non di rado capita quindi che una bevanda sia perfetta per un cibo fino a quando si giunge al matrimonio d’aroma.

Tanto per capirci, prendiamo un esempio estremo: grappa e gorgonzola su pane abbrustolito. Una mezza cucchiaiata del morbido erborinato nazionale su una bruschetta passata sulla fiamma viva, e poi un bel sorso di grappa bianca. L’ardore della grappa dà un senso di pulizia che, per quanto falsa (i grassi sono poco solubili in alcol e le proteine vengono denaturate dalla ricchezza alcolica), come tale è percepita. A questa segue una percezione di svuotamento gastrico e quindi tutto è pronto per un nuovo boccone e un nuovo sorso.

Ma che dice l’olfatto? Gorgonzola e pane bruciacchiato sono portatori di molecole che rappresentano due dei più grafi difetti della grappa: l’attacco microbico delle proteine (la grappa che sa di formaggio è orrenda) e il bruciato, grave errore di distillazione.

Anche se l’utente di non sa di queste cose la registrazione dei pericoli derivanti dalla putrefazione e dal bruciato sono stati registrati nel suo Dna da centinaia di generazioni, quindi ben difficilmente godrà dell’abbinamento.

Però, se per caso il nostro assaggiatore dimostrasse un alto gradimento per l’accostamento, potremmo chiedere aiuto a uno psicologo per verificare se trattasi di un masochista. Oppure potrebbe essersi verificato un altro elemento: la manipolazione. La degustazione è stata preparata benissimo generando l’attesa di emozioni inedite. Il conduttore era un reputato imbonitore che ha descritto in modo mirabile le caratteristiche del gorgonzola, quelle dalle grappe e persino la percezione ottenuta con l’abbinamento. Solo i bastian contrari (che ci sono sempre, ma in genere sono pochi) hanno pensato o dichiarato che l’abbinamento rasentava l’oscenità.

Dunque, partendo da questo esempio, proviamo a tracciare alcune linee guida per abbinamenti d’aroma ben riusciti.

Ricerca dell’enfasi

Molecole positive simili tendono a moltiplicare il fattore intensità. Un vino bianco o una grappa, entrambi terpenici (da uve aromatiche), su una macedonia esaltano il fruttato e la complessità del bouquet. Come un biscotto vanigliato esalta la medesima nota in un caffè.

Ricerca del completamento

Per spiegarla si può ricorrere alla metafora dell’orchestra: una musica suonata da un solo strumento può essere comunque bella, ma non potrà mai essere paragonata a quella di un insieme di strumenti che emettono note coordinate per tonalità e intensità. Così, quando due elementi si compendiano il piacere cresce: un vino, un caffè o un’acquavite si apprezzano di più quando il prodotto abbinato amplia il quadro aromatico.

Parallelamente occorre quindi fare attenzione agli abbinamenti che elidono vicendevolmente note aromatiche: una cipollina soffoca il sentore floreale, tanto per fare un esempio.

Ricerca della coerenza tra odori

L’aroma del formaggio trova uno stuolo di ammiratori, ma se percepito nel caffè è ancora così gradevole? L’aceto balsamico è un condimento fantastico, ma non si può accostare al vino.

In poche parole, occorre tenere presente che gli engrammi olfattivi sono letti come eventi unitari e valutati attraverso le esperienze registrate in memoria, nostra o atavica che sia.

Ricerca della congruenza con i segnali di altri sensi

Un vino corposo e generoso con un profumo tenue e un aroma inconsistente, come sarà valutato? Male, perché manca di simmetria. E un bel fruttato su una bibita blu? Bisognerebbe spiegare bene una scelta del genere, come pure un’acidità citrica in un soft drink marrone, mentre le nuances verdi su un tè al limone ci stanno bene.

Ricerca della memoria

Potremmo dire che il “gusto del gustato” è sempre apprezzato: le abitudini e le esperienze positive che sono state registrate, quando evocate sono tranquillizzanti e, se associate a emozioni intense, ben cementate nella memoria, tanto da essere comunque premiate.

Qui entra prepotentemente in ballo anche la cultura, quella personale, ma soprattutto quella sociale: gli abbinamenti che fa un cinese in gastronomia sono molto diversi dai nostri, quindi probabilmente anche l’accostamento di un vino a un cibo dovrà essere differente e non seguire la bibliografia occidentale.

fonte linkedin di Luigi Odello