Godina: “Caffè al ristorante? Ancora nell’età della pietra”
L’esperto Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, esprime la sua opinione sul tema del caffè nel mondo della ristorazione grazie alla realizzazione del documentario “Caffè & Vino – due mondi a confronto”. Solitamente, secondo Godina, il ristoratore non conosce a fondo il mondo del caffè. Riportiamo di seguito le sue considerazioni.
di Andrej Godina
Il caffè nel mondo della ristorazione
MILANO – “In questo ultimo periodo ho avuto modo di approfondire il tema del caffè nel mondo della ristorazione grazie al film documentario “Caffè & Vino – due mondi a confronto” che ho prodotto assieme a Mauro Iliano con la casa di produzione cinematografica Nano Film di Napoli.
I temi trattati sono stati molteplici e hanno scandagliato le tematiche inerenti il cambio climatico, la responsabilità sociale dei prodotti e delle loro filiere, i mercati internazionali, il prezzo del caffè sia di quello pagato al produttore che di quello pagato dal consumatore, le caratteristiche sensoriali e infine anche il tema del caffè al ristorante.
Lo chef stellato Gennarino Esposito e il direttore Massimiliano Tonelli dipingono il panorama del caffè nel ristorante con tratti di grande critica e sono stati assolutamente inclementi nei confronti della categoria dei ristoratori. In media il ristoratore non conosce la merceologia “caffè”, non ha alcuna competenza professionale sui metodi di estrazione, non sa riconoscere le caratteristiche sensoriali della bevanda.
Il caffè al ristorante è spesso scelto per il prezzo e/o per l’attrezzatura che il torrefattore dà in comodato. Per confermare l’assoluta ignoranza che la ristorazione riserva alla tazzina c’è la classica battuta a fine pasto… “il caffè è offerto dalla casa”.
Una diminuzione del valore del caffè al ristorante
“Offrire il caffè significa sminuirne il contenuto simbolico in termini di merceologia, ignorarne totalmente il valore, sminuire il valore costruito lungo tutta la filiera di produzione. In questo triste contesto il torrefattore, a volte, non aiuta: per esempio offre al ristoratore attrezzatura non adatta ai bisogni dei locali, spesso sovradimensionata, con il risultato che l’espresso arriva al tavolo senza crema, freddo, erogato male, con flavore di rancido.
Nello scontrino dei ristoranti, per esempio, c’è il costo dell’acqua servita e il costo del coperto. E il caffè viene offerto dalla casa? Regalare il caffè significa posizionare il suo valore merceologico al di sotto di quello dell’acqua e addirittura del coperto.
Come è possibile che il caffè abbia addirittura meno valore dell’acqua, considerando che la materia prima proviene da altri continenti e che ha impiegato più di un anno ad arrivare al tavolo del cliente partendo dalla fioritura sull’albero nel paese di produzione?
Inoltre il caffè ha una composizione chimica ricchissima con oltre 2000 composti chimici differenti e per prepararlo, nel caso dell’espresso, è necessaria un’attrezzatura professionale che richiede un investimento di diverse migliaia di euro.”
L’introduzione di un programma di formazione nei ristoranti
“Facciamo quindi un parallelismo con l’acqua che a volte è addirittura presentata con una carta con più referenze. L’acqua è prelevata da una fonte, imbottigliata e trasportata nel luogo di consumo, una filiera misera se messa a confronto con quella del caffè e il mondo della ristorazione è così miope e ignorante che gli dà maggiore valore iconico rispetto al caffè.
Il caffè al ristorante deve cambiare valore, è necessario riposizionare la bevanda al posto che davvero merita. Si deve quindi iniziare un profondo e quanto mai urgente programma di formazione del ristoratore e del personale di sala. In fondo, il consumo del caffè a fine pasto, è l’ultimo atto di un’esperienza gastronomica che deve suggellare il godimento del cliente e deve essere scelto in base ai flavori del caffè che devono abbinarsi nel migliore dei modi con il menu delle pietanze.”
Caffè e cibo
“L’abbinamento caffè e cibo è un argomento ancora sconosciuto e poco praticato ma che riserva una miriade di sfumature e nuove opportunità di business. Un esempio semplice potrebbe essere quello di avere almeno 3 caffè in carta: un caffè Arabica, in miscela o monorigine, di classificazione tradizionale o specialty, caratterizzato da una piacevole acidità, con flavori di fiori, di frutta e di pasticceria da abbinare a menu a base di pesce, vegetariani e vegani.
Una seconda referenza di una miscela Arabica e Canephora, o di una mono varietà Robusta o Conillon, di classificazione tradizionale o Fine Robusta, caratterizzata da una piacevole nota amaricante, dal corpo intenso, magari leggermente astringente e da flavori di panificio, pasticceria, cacao e liquirizia, da abbinare a menu di carne.
La terza referenza è il decaffeinato con caratteristiche sensoriali che stanno a metà strada rispetto ai due altri caffè in carta in modo che accontentare un po’ tutte gli abbinamenti. In questa minima versione di carta dei caffè il metodo di estrazione è soltanto uno, l’espresso.
Da questo primo punto di partenza la carta può ampliarsi a piacimento, non solamente aggiungendo ulteriori referenze di prodotto ma anche ampliando l’offerta dei metodi di estrazione.”
Caffè e vino
“Ecco che nella versione dei 3 caffè è sufficiente aggiungere all’espresso il metodo moka e un metodo a filtro per moltiplicare l’offerta a 9 referenze.
• Innanzitutto gli investimenti cUn interessante parallelismo tra il caffè e il vino nel ristorante permette di fare qualche ulteriore riflessione sullo stato dell’arte:he i due prodotti richiedono sono molto differenti, una cantina con un assortimento base per un ristorante di medie dimensioni necessita di un investimento che potrebbe aggirarsi sui 20000 euro, senza considerare l’acquisto delle cantinette refrigerate per tenere alla corretta temperatura di conservazione e di servizio le bottiglie. Di tutt’altra dimensione è l’investimento necessario per il caffè che scende a zero nel caso di un comodato gratuito dell’attrezzatura offerto dalla torrefazione o pari a qualche centinaia di euro nel caso si voglia servire il caffè preparato con la moka. Insomma, una panoramica di investimenti totalmente diverso.”
L’interno del locale
• Posizionamento all’interno del locale: generalmente le bottiglie di vino fanno bella mostra di sé nelle cantinette a temperatura controllata a vista dei clienti, a volte posizionate nella sala e con le bottiglie a vista su mensole o conservata in una stanza appositamente allestita.
Nei ristoranti il vino è in vista, il cliente vede le bottiglie già nel momento in cui entra. La macchina da caffè espresso ha una posizione differente, a volte è installata nell’angolo bar dietro a un vero e proprio bancone, a volte è relegata in cucina senza neanche essere visibile al cliente come se si volesse nasconderla agli occhi dei commensali.
La lontananza della macchina dalla sala non solamente non permette ai clienti di vedere la preparazione del caffè ma, nel caso dell’espresso che è dotato della crema superficiale, aumenta la distanza tra il luogo di preparazione e il tavolo comportando che l’espresso arriva al tavolo senza crema o con una crema ormai quasi scomparsa. Anche in questo caso i due scenari sono differenti.
La regola dell’1
• La regola dell’1: Mauro Illiano, ogni qualvolta presentiamo il film Caffè & Vino, ricorda che nei locali vige la regola dell’1, ovvero 1 solo brand di caffè, 1 solo caffè in mescita con il prezzo di 1 euro. Al ristorante vale la medesima regola con la differenza, come ho già detto, che a volte il caffè è regalato.
Per il vino questa regola ovviamente non vale, la carta dei vini propone sempre almeno qualche decina di bottiglie differenti, prodotte da altrettante aziende agricole dislocate in territori differenti e i prezzi sono differenziati in base alla qualità. Anche in questo caso il divario è abissale.
Una soluzione complessa
“Quando penso al caffè nel ristorante il mio pensiero spesso va all’età della pietra dove il genere umano era ai primordi della sua evoluzione e dove la ricerca del cibo era mirato solamente alla sopravvivenza e non certamente all’esperienza sensoriale, al rito, alla convivialità, all’ospitalità che la moderna ristorazione (fatta eccezione del caffè) ci permette di sperimentare.
Come evolvere il posizionamento del caffè nella ristorazione? La risposta è complessa, comprende una lista lunghissima di azioni da intraprendere tra cui, certamente, ai primi posti ci sono la formazione del ristoratore, del personale di sala, del consumatore e anche del torrefattore affinché ci sia una maggiore consapevolezza di flavore e di scelta.
Un passo importante è quello di stimolare le associazioni di settore che, ad oggi, svolgono un ruolo insufficiente e che sfiora a volte il ridicolo, affinché divulghino nel settore cultura di prodotto, tecniche e conoscenze sui metodi di estrazione, differenze tra caffè tradizionale e di classificazione specialty assieme alla promozione dei corsi di formazione sull’assaggio e sulla comprensione delle caratteristiche sensoriali del caffè.
In Italia le vigne ce le abbiamo fuori casa e quasi tutti noi abbiamo partecipato o visto una vendemmia, le piantagioni di caffè sono trovano lontane: è necessario viaggiare, partecipare alla raccolta delle drupe e processarle nei diversi metodi di lavorazione, è necessario conoscere il coltivatore, vedere le sue condizioni di vita, essere ospiti a casa sua e condividere le pratiche agricole per la produzione di un caffè di alta qualità.
Nella mia esperienza posso testimoniare che tutti coloro i quali hanno fatto un’esperienza di raccolta in piantagione, hanno cambiato il loro modello di business e stanno facendo un nuovo lavoro più consapevole che divulga cultura di prodotto e offre caffè di migliore qualità rispetto a prima.”
fonte comunicaffe.it